La dieta per la sindrome da colon irritabile

La sindrome da colon irritabile, conosciuta anche come IBS (Irritable bowel syndrome), è una patologia particolarmente diffusa in ogni angolo del mondo e provoca disturbi molto fastidiosi sia a livello fisico che mentale, incidendo in modo significativo sulla qualità della vita dei soggetti che ne soffrono.

Un corretto approccio alimentare sicuramente aiuta ad alleviare e ridurre i sintomi di questa patologia, contribuendo a raggiungere un miglior equilibrio psicofisico. Con i consigli di Mauro Meloni nutrizionista a Udine analizziamo qual è la dieta più indicata da seguire per chi soffre di sindrome da colon irritabile, ma prima è opportuno conoscere meglio questa patologia e come si presenta.

Quali sono le condizioni che favoriscono l’insorgere dell’IBS?

I sintomi principali del colon irritabile sono fastidio e dolore addominale, spesso accompagnati da gonfiore, sensazione di pancia gonfia, meteorismo e irregolarità dell’alvo. In quest’ultimo caso si possono individuare tre tipologie di disturbi: stipsi (IBS-C), diarrea (IBS-D) o alternanza di entrambi (IBS-M).

La patologia si presenta più frequentemente nelle donne tra i 20 ed i 50 anni, nelle persone che soffrono di ansia, depressione e stress o che presentano determinate condizioni fisiche come endometriosi, obesità addominale, infezioni gastrointestinali e malattia diverticolare.

Approccio dietetico generico per ridurre i sintomi del colon irritabile

Un’alimentazione più sana ed equilibrata indubbiamente contribuisce a limitare i disturbi derivanti dall’IBS, ma è opportuno innanzitutto conoscere quali sono i possibili fattori di rischio. In genere bisogna evitare cibi che hanno uno scarso valore nutritivo o che contengono componenti pro-infiammatorie, che rischiano di aggravare ulteriormente i sintomi del colon irritabile.

Seguendo un approccio dietetico generico, è quindi consigliabile evitare cibi zuccherati, carni conservate, spezie irritanti, bibite gasate e zuccherine, alcolici, fritture ed oli di scarsa qualità.

Per quanto riguarda le fibre, il discorso si fa più complesso. Assumere un grande quantitativo di fibre nei soggetti che soffrono di IBS-D può essere addirittura controproducente ed aggravare la sintomatologia. Diversamente le fibre insolubili, soprattutto nei soggetti affetti da IBS-C, potrebbero garantire risultati soddisfacenti.

Esiste però una dieta mirata, chiamata FODMAP, che prevede un’alimentazione specifica e dettata da studi ed approfondimenti scientifici per i soggetti che soffrono di colon irritabile.

Cos’è la dieta FODMAP?

Negli ultimi anni si sono raddoppiati gli studi e le ricerche sulla dieta FODMAP, che riduce o addirittura elimina alcuni cibi che possono aggravare i sintomi dell’IBS.

I cosiddetti FODMAPs sono l’acronimo di Fermentabili Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli.

Comprendono alimenti tipici della dieta mediterranea tra cui: frutta fresca (anguria, mele, avocado, more, nespole, cachi, prugne, pere, susine, fichi, mango e pesche), verdure varie (broccoli, cavoli, finocchi, verza e radicchio), frumento, segale, orzo, prodotti di pasticceria, alcolici, caffè d’orzo, dolcificanti, tutti i legumi, frutta secca (mandorle, noci, pistacchi e anacardi), cioccolato al latte ed in generale derivati del latte.

Si tratta di alimenti particolarmente importanti per il sostentamento dell’organismo. La loro eliminazione rischia di provocare pericolosi deficit vitaminici, tuttavia portano dei benefici significativi nella qualità della vita di chi soffre di colon irritabile.

Naturalmente i pazienti non devono assolutamente iniziare una dieta FODMAP fai da te, poiché le carenze nutrizionali potrebbero provocare scompensi molto gravi e pericolosi squilibri nella flora batterica. In questi casi è necessario affidarsi ad un professionista del settore, capace di individuare le giuste integrazioni vitaminiche, probiotici e/o prebiotici per sopperire all’eliminazione degli alimenti precedentemente indicati.

Come integrare la dieta?

L’integrazione a base di fibre, prebiotici o probiotici potrebbe garantire effetti positivi, ma il condizionale è d’obbligo. Sulla questione il dibattito scientifico è ancora aperto, inoltre bisogna considerare che ogni soggetto è diverso dall’altro.

Basti pensare che a livello intestinale ci sono circa 400 specie batteriche e migliaia di miliardi di singole unità, quindi l’organismo può reagire in maniera molto diversa.

Le fibre insolubili ad esempio portano benefici nei soggetti affetti da IBS-C, ma determinano un peggioramento nei soggetti affetti da IBS-D. Le fibre solubili invece hanno dato risultati soddisfacenti solo nei pazienti affetti da IBS-C.

Per quanto riguarda i prebiotici, cioè quelle sostanze non digeribili che favoriscono lo sviluppo di varie specie batteriche considerate benefiche, la scienza non è ancora riuscita a fornire un quadro completo. C’è però la convinzione che la loro assunzione garantisca più effetti positivi che negativi.

I probiotici, cioè batteri vivi che alterano e competono con una flora intestinale compromessa, vanno usati con molta oculatezza. Un loro utilizzo sbagliato potrebbe determinare un aggravamento della sintomatologia, soprattutto nell’IBS-D.

Per i pazienti affetti da IBS-C e IBS-M sembra che i probiotici diano buoni risultati, soprattutto se vengono utilizzati ceppi di Lactobacillus, Streptoccocus e Bifidobacterium.

Per seguire una corretta alimentazione finalizzata a contrastare i sintomi del colon irritabile è necessario fare attenzione a molti aspetti, perciò la cosa migliore è rivolgersi ad un professionista del settore.

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