Disturbi del comportamento alimentare (DCA)

disturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano un grave problema di salute pubblica che affligge attualmente un numero crescente di giovani donne italiane e, anche se in numero minore, di giovani maschi.

Basti pensare che circa l’8-10% delle ragazze tra i 15 e 25 anni soffre di un disturbo alimentare. L’allarmante aumento dei casi dimostra che si tratta di una vera e propria “epidemia sociale” dovuta a molti e complessi fattori, quali:

  • Crescenti difficoltà legati al passaggio dalla fase adolescenziale a quella adulta
  • Progressivo diffondersi di un’immagine del corpo femminile (e maschile) in una società che mette in primo piano i valori estetici
  • Il cambiamento del ruolo sociale della donna.

 I DCA sono tutti caratterizzati da un rapporto conflittuale nei confronti del cibo. Sono spesso preceduti da una dieta restrittiva, con rapide oscillazioni di peso, che comportano disorganizzazione dei meccanismi fisiologici che regolano il senso della fame e della sazietà.

 I disturbi del comportamento alimentare più conosciuti, grazie anche alla diffusione da parte dei mass-media attraverso film, documentari, notizie di cronaca, sono sicuramente l’Anoressia e la Bulimia.

E’ difficile parlare ad esempio di “anoressia” per definire un fenomeno che è diventato una moda, cioè la magrezza esasperata e la tendenza a fare diete bizzarre spesso senza un controllo medico.

E’ difficile soprattutto perché in una società che rincorre il mito dell’apparenza e che propina l’equazione bellezza=magrezza, la magrezza viene rinforzata, premiata e in alcuni casi strapagata (vedi il caso delle top model). Inoltre la pubblicità diffonde messaggi contraddittori che da una parte  esaltano il modello anoressico, dall’altro invitano al consumismo esasperato nel settore alimentare come in tutti gli altri settori commerciali.

Leggi il nostro articolo su come uscire dall’anoressia e su cosa mangiare in una dieta post anoressia

Questi messaggi, ripetuti in modo compulsivo, possono indirizzare molte persone verso lo sviluppo di disturbi alimentari come la bulimia, caratterizzata da abbuffate e successivi sensi di colpa che spingono a comportamenti compensatori.  Il rischio più grave di questa scissione lo ritroviamo nella tendenza alla vera e propria psicosi, per le persone predisposte.

Esistono molti dati che riferiscono infatti che, nella maggior parte dei casi, l’inizio di una dieta per dimagrire sfocia poi nello sviluppo di  disturbi del comportamento alimentare.

Attualmente l’anoressia mentale colpisce lo 0,5% della popolazione di età compresa tra 14 e 20 anni, il 90% dei quali sono ragazze. La mortalità riguarda ben il 15% delle persone anoressiche. Anche la bulimia è un disturbo sempre più diffuso, ma non sempre riconosciuto.

Molti casi di disturbi del comportamento alimentare infatti, in particolare bulimia e anoressia, non giungono all’osservazione clinica, in quanto è tipico di questi pazienti rifiutare l’aiuto degli altri, a soprattutto non riconoscere e ammettere di avere il disturbo.

Alla base ci sono molte altre cause scatenanti che portano queste ragazze a cercare l’illusione di poter spostare sul cibo il controllo che pensano di non avere sulla propria vita.

Ci sono delle difficoltà di relazione in famiglia e nei rapporti con gli altri che si accompagnano ad una insoddisfazione nei confronti del proprio aspetto e delle forme del proprio corpo.

Si decide di mettersi a dieta; all’inizio solo con l’intenzione di modificare il proprio corpo, ma in seguito questo comportamento rinforza il senso di autocontrollo e di conseguenza la sensazione del proprio valore (io sono più brava di altri nel fare questa cosa perciò valgo di più).

In questa fase hanno un grosso peso i rinforzi sociali. Le amiche le invidiano perché riescono a stare a dieta e a dimagrire, le persone in genere fanno loro complimenti per la loro forma fisica. Per i primi giorni digiunare è faticoso ma i risultati le compensano della fatica, anzi rinforzano la loro autostima.

Purtroppo, quando le diete sono troppo drastiche, portano il corpo ad avere comportamenti biologici funzionali alla sopravvivenza; viene così prodotta una quantità di serotonina (neurotrasmettitore che seda la sofferenza e il dolore) molto superiore alla norma e così, per i primi tempi, queste ragazze sentono di avere una forza e delle capacità superiori alla norma.

Questo periodo, che è quello più critico per l’instaurarsi della malattia, viene definito “luna di miele con l’anoressia“. A questo punto si instaura un meccanismo che è quello che rende così difficile la cura di questa malattia: la sensazione che provano queste ragazze di aver trovato la cura per i propri problemi.

Così come l’alcolista considera l’alcol il sostegno di cui ha bisogno per affrontare delle situazioni in cui si sente inadeguato e poi cade in una dipendenza invalidante.

Con il protrarsi della dieta, che diventa sempre più restrittiva, anche questo vantaggio iniziale viene a mancare ed inizia la fase della depressione, della fobia per il cibo, della percezione errata della propria immagine corporea, la scomparsa del ciclo mestruale. Molte ragazze ed anche adulti, per motivi diversi, devono osservare una dieta dimagrante, ma non per questo sviluppano questa malattia.

Questa è la perplessità di molte persone. In effetti ci si è molto interrogati su questo punto e tuttora gli studi sono in corso, sia a livello biologico che psichico. Una cosa che si ritrova sempre in questi casi è la presenza di un fattore precipitante che scatena il disturbo.

Possono esserci tutti i fattori che predispongono a sviluppare la malattia, ma non si sviluppa perché manca il fattore precipitante. Una ragazza che soffre di questo disturbo l’ha definito <<la goccia che fa traboccare il vaso>>.

Quella goccia dà inizio all’insoddisfazione corporea. L’insoddisfazione per il proprio peso, per l’aspetto fisico, porta a fare una dieta.

Come già detto, la cosa particolare è che in questi casi la dieta è severa e viene utilizzata per aumentare la propria autostima, ci si gioca il senso di autocontrollo ed il proprio valore personale; questa è la differenza rispetto al semplice perdere qualche chilo.

La bulimia, pur avendo alla base gli stessi valori culturali che stanno alla base dell’anoressia, ha alla base anche una difficoltà molto evidente di autonomizzazione dalla propria famiglia d’origine, oppure si instaura dopo l’anoressia, la dove c’è un carattere più impulsivo e meno volitivo.

Allora si cede alla “tentazione” del cibo abbuffandosi in modo compulsivo ed ossessivo, poi si ricorre al vomito per rimediare. In questi casi i problemi fisici sono ancora più gravi che nell’anoressia, meno evidenti e più subdoli, come ci si accorge di queste malattie, dei segnali da non sottovalutare e perché è importante intervenire molto presto.

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